curiosità stroriche padovane  1°

LA STORIA DELLO ZAIRO


Nel 1775 allorquando Andrea Memmo ricevette l’incarico di riordinare ed abbellire quella zona acquitrinosa e maleodorante che si estendeva sotto i suoi occhi, egli risiedeva in Padova a palazzo Angeli (sito ancora oggi in Prato della Valle angolo via Umberto I° ). Durante gli scavi per la realizzazione della canaletta dell’isola Memmia, a circa 1,60 metri di profondità, vennero ritrovati i resti di antiche fondamenta di un teatro romano.
Per la cronaca notizie dell’antico edificio in quel luogo si ritrovano già nella cronaca dell’Ongarello, il quale riportava come negli appunti del padre Girolamo Refatto, notaio presso il Monastero di S.Giustina, in cui egli scriveva: “ quelli muri che apparono sopra il Prato della Valle, sono di un coliseo, che era in lo detto luogo dove le persone podevano à torno à torno stare a vedere le feste che se facevano in quello, come per simile se vede nella città de di Roma : et quel Coliseo se chiamava Zairo, come appar per pubblici Instromenti, li quali de presente sono in la Gesia de Santa Giustina “. “ Zairo “, nome derivante dalla corruzione dialettale del termine greco δξατζον = teatrum.

Con il nome Zairo pertanto veniva indicato l’antico Teatro romano. I resti dell’antico anfiteatro a quell’epoca, parliamo dell’ XI° secolo, dovevano essere ben visibili e anche imponenti tanto che il vescovo di Padova “ Ulderico “ riconosceva e confermava, alla presenza dei messi dell’imperatore Enrico VI°, i diritti di proprietà all’Abate di S. Giustina sull’area territoriale antistante il monastero, nonché gli fù rilasciato il permesso di ricavarne massi, affinché l’abate potesse pagare i debiti contratti con la “ Serenissima “. Cosa che egli fece in quanto numerosi blocchi furono trasportati a Venezia come materiale per la costruzione delle fondamenta del ponte di Rialto.

Tanto e tale era il materiale ivi presente che altro materiale (massi) fu impiegato per la costruzione della Basilica di S. Giustina, quanto ebbe a rimanere fù oggetto di ritrovamento appunto nel 1.775.

Era il 1923 allorquando le fondamenta dell’anfiteatro “Zairo” furono riportate alla luce e gli esperti ne calcolarono con precisione l’estensione stabilendo che si trattava di una superficie avente raggio di 155 piedi di forma ellittica, quindi di una magnificenza senza eguali . Studi sui materiali di costruzione ivi rinvenuti datano l’opera al I° secolo d.c., quindi in epoca romana, al pari di molte altre meraviglie celate tutt’oggi sotto il suolo di Padova. In quel luogo si tenevano spettacoli con rappresentazioni teatrali di tragedie e commedie.


Gianadolfo Trivellato

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da "...Forse non tutti sanno che a Padova..." di Silvia Giorgi - Newton Comption editori